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domenica 14 novembre 2010

I miei fratelli della Birmania





Immaginate che Roma sia il vecchio nome di Urbania. Gli organi del potere si sono trasferiti a Monteforte d'Alpone, nessuno sa bene il perché. Bisogna fare molta strada per procurarsi dei documenti perché tutto è accentrato là. Le strade della vecchia capitale sono difficili da percorrere a piedi perché piene di buchi, nessuno si cura di ripararle e tutto si sgretola. Alcuni autobus che cadono a pezzi perché vetusti, viaggiano sovraccarichi con la gente attaccata fin fuori. La preoccupazione della popolazione per la maggior parte in miseria è di soddisfare i bisogni primari, mangiare e procurarsi l'acqua è il problema da risolvere quotidianamente. Beato chi non ha moglie e figli perché aver una famiglia e non poter provvedere loro il cibo è angoscioso.
Il potere si è rinserrato su se stesso e sui propri comodi, e non interessa più a nessuno di loro quel che succede nel Paese tanto meno a Napoli o a Reggio Calabria perché la polizia non vigila più in quelle zone. Ogni tanto vanno là dei drappelli militari, con l'ordine di sparare, giusto perché si sappia che lo Stato c'è. La censura è la regola. Per chi invecchia non c'è pensione o assistenza di alcun tipo, solo la speranza nei figli che si ricordino dei loro genitori e non li lascino morire in solitudine senza alcun soccorso. L'assistenza medica in Longobàrdia (nuovo nome dato all'ex Italia) non esiste. Qualche ospedale funziona solo per ospitare i malati, ma è necessario andare ad acquistare le medicine prescritte e portare loro il cibo. Volendo un'infermiera si deve pagare. I mezzi sono ridotti e così le apparecchiature. La corrente elettrica spesso manca, e solo pochi fortunati dispongono di mezzi adeguati. La telefonia mobile è disponibile solo limitatamente alla città di Urbania, anche internet è un lusso di pochi.
Adesso vi sarà più facile immaginare il Myanmar (ex Burma o Birmania), la città di Yangon (ex Rangoon) e la vita che vi si svolge. Gli organi del potere si sono trasferiti in una roccaforte in un piccolo paese di montagna, Neibidù, a sei sette ore di pullman da Yangon.
Il sogno degli abitanti del Myanmar potrebbe essere quello di diventare come l'Italia. Il primo obiettivo posto da Aung San Suu Kyi è quello della libertà di parola. Non c'è vera democrazia, ha detto, senza la libertà di parola.

Difendiamo quello che abbiamo, per non degradare lentamente in una situazione simile alla loro, vigiliamo sul potere, perché non ci prenda la mano!  


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