La Rai era un ente radiotelevisivo che aveva lo scopo di alimentarsi con il canone, quindi di essere indipendente da qualunque potere economico, e di diffondere notizie, programmi didattici , musica classica, e comunque anche programmi di musica leggera e di divertimento come il festival di S.Remo e Lascia o Raddoppia. Quei canali della Rai erano unici, salvo alcune reti locali che, ricordo, non potevano mandare in onda niente che potesse assomigliare a un telegiornale.
Un grande senso di responsabilità era sentito dai dirigenti per cui si controllavano con attenzione i contenuti morali e la decenza degli abiti femminili. L’educazione dei bambini doveva essere aiutata e non messa in difficoltà dal piccolo schermo. Gran parte degli utenti condivideva questi principi, per altri bisognava allinearsi con le posizioni del resto del mondo, considerate sempre più avanti delle nostre.
Nel frattempo il deficit della RAI era sempre più consistente e i Caroselli insufficienti a rimettere in ordine i bilanci. Il fatto che venisse accettato che Rai1 dovesse essere il più vicino alla DC, RAI 2 potesse essere orientato più a sinistra ecc. finì per dare spazio alle televisioni private, sostenute da Craxi che nelle sue capacità avveniristiche, diede lo spazio alle reti di Silvio Berlusconi per crescere e diventare potenti sul mercato. La Rai per non soccombere aveva bisogno di più soldi e quindi finì per essere quasi commerciale. Pubblicità e canone, ecco il pasticcio che dovrebbe conciliare esigenze di audience e sevizio pubblico. Non si può. Il risultato è un ibrido senza fascino che si dibatte per mantenere questa duplice difficile faccia.
Quello che mi chiedo è perché bisogna rimanere legati al passato che, anche se ragionevole in illo tempore, oggi diventa anacronistico e pesante.
Privatizzazione della Rai, stop al canone, revisione delle regole per tutte le televisioni sono i passi necessari per ricreare un modello adeguato alle odierne necessità.
Le televisioni devono essere tutte uguali, nel senso che tutte, al momento in cui vanno in onda, effettuano un servizio pubblico, e tutte devono essere controllate allo stesso modo, perché le esigenze dei telespettatori siano rispettate. Tutte le voci politiche presenti allo stesso modo, anche le più minoritarie, programmi educativi presenti su tutte le reti, ci devono essere regole condivise a livello politico, che vanno rispettate. Faccio l’esempio di un’industria alimentare che mette il capitale proprio e ha fini di lucro, ma non può permettersi di avvelenare i clienti per aumentare gli utili e quindi ha una quantità notevole di leggi, regole e adempienze da rispettare. Se non le rispetta, dure sanzioni verranno comminate, perché il servizio di approvvigionamento dei clienti non è avvenuto nel rispetto della loro salute.
Fra le regole condivise dovrebbe esserci anche quella di una grande libertà politica nella manifestazione dei diversi punti di vista, indipendentemente dall’azionariato, e i giornalisti che denunciano fatti inquietanti, anche se non ancora dimostrati a pieno dovrebbero essere coperti da uno scudo giornalisti che li metta al riparo da querele o richieste di risarcimento tendenti a ridurre al silenzio chi osa sollevare dei dubbi sull’operato dei VIP. Insomma , la vogliamo una vera democrazia o no?
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