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mercoledì 1 dicembre 2010

Rispettare Mario Monicelli



Avrei voluto riprendere dall`ultimo post che ho inviato via email. Infatti mi sono reso conto che non brillava per chiarezza, ma lo farò successivamente perché ora sono particolarmente colpito dalla morte di Mario Monicelli che considero un gigante degno del più grande rispetto,  e di cui non dovremmo minimamente preoccuparci di valutare il modo di porre fine a quella lunga vita ricca di frutti e di meritato successo.
Tuttavia si sono manifestate subito voci che considerano l'accaduto come un motivo per riflettere sulla dolce morte e altre voci che si rifanno al verbo cattolico, che suggeriscono piuttosto di curare la depressione che porterebbe a desiderare la dolce morte.
Il suicidio può avere molte diverse connotazioni e certamente va contestualizzato.

Non si può considerare alla stessa stregua il suicidio di una persona che è disperata e non vede via d’uscita per la propria situazione, o il suicidio di una persona in carcere che sa di essere innocente e rifiuta di pagare tutta la vita per qualche altro, o il suicidio di suore che pur di non essere violentate dai nemici in guerra preferiscono togliersi la vita, o il suicidio rituale del samurai che fa karakiri per non cadere vivo in mani nemiche.

Nessuno può veramente sapere cosa ha pensato Mario Monicelli nel momento in cui ha deciso di volare giù dal balcone. Non è detto che la sua decisione venisse dall’angoscia di dover sopportare una inutile e dolorosa degenza ospedaliera. Potrebbe aver sentito un bisogno di identificazione col padre anch’egli morto suicida. O potrebbe aver avuto un momento di rifiuto nei confronti di una speranza di vita ormai conclusa, in fin dei conti aveva novantacinque anni.

Un altro grande uomo che ha accettato la sfida ed ha lottato per la vita affidandosi alla medicina, ma anche alla meditazione e all’elevazione dello spirito è Tiziano Terzani.  Certo era molto più giovane, e sostenuto dai suoi cari. Penso che non avrebbe mai deciso per la dolce morte.
E chi può dire che ne avrebbe voluto usufruire lo stesso Mario Monicelli? Anche le dichiarazioni fatte in vita non sono veramente determinanti per una decisione finale presa al momento in cui il problema è lì tangibile e vicinissimo.

Conoscevo una signora cui era stato diagnosticato un tumore al pancreas. Decorso veloce, sei mesi e poi la fine. Aveva deciso di rifare gli accertamenti e se ci fosse stata una conferma , sarebbe andata sull’orlo di un’alta cima in montagna, per buttarsi nel vuoto e farla finita. La conferma non ci fu, quindi è felicemente sopravvissuta a una pancreatite curabile, ben diversa dalla prima diagnosi.

La dicotomia che la Chiesa Cattolica sostiene la vita, mentre il pensiero laico la sostiene salvo che…, mi sembra riduttiva. In via di principio io mi sento di difendere la vita sempre, fino all’ultimo respiro, perché pur non condividendo i dogmatismi ecclesiali, penso che la vita uno non se l’è data e per lo stesso motivo che non se l’è data dovrebbe rispettarla come qualcosa di non suo.
Sarà così? In realtà la vita è di ognuno di noi, ci è stata data perché potessimo gestirla sulla base della nostra responsabilità e non quella di un medico, di un prete o un giudice, come dice Hans Kung, l’anziano teologo ribelle che propugna un’etica laica.  Nel suo libro “Ciò che credo” (Rizzoli) a pag. 314 afferma: “ Io credo nella vita eterna, non ho bisogno di trascinare all’infinito la  mia vita su questa terra. Anche questo per me fa parte dell’arte del morire. Quando sarà l’ora, è lecito che io, se ne sarò in grado, decida da me il momento e il modo di morire, e del resto si dovrà tener conto del mio testamento biologico. Che il Parlamento tedesco, nel giugno 2009, abbia stabilito la validità del suddetto “testamento” per i medici e per chi assiste i malati, mi ha confermato nella mia idea.”

Per condividere questi pensieri bisogna entrare in un ordine di idee inconsueto e abbastanza nuovo da un punto di vista culturale per noi italiani, ma non è detto che sia sbagliato come sostengono urlando i detentori della verità assoluta che è quella del Verbo Cattolico. Io non mi sento di condividere l’arroganza presuntuosa di chi si ritiene a un livello etico superiore, e vuole imporre il suo credo agli altri, preferisco condividere i dubbi e gli interrogativi di chi amando la vita vuole portare rispetto e amore anche all’origine di questa  vita, che è la persona con tutta la sua Umanità e la sua Verità.


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